Il 10 Aprile 1991 il traghetto Moby Prince entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo a 2 miglia dal Porto di Livorno. Si scatenò un incendio e 140 persone morirono in attesa dei soccorsi. Tra quelle 140 persone c’era mia madre Maria Giulia Ghezzani, e mio padre Ugo Chessa, il comandante del Moby Prince.
Da allora – io e tutti i familiari delle vittime ne siamo purtroppo testimoni – le indagini e i processi sulla vicenda Moby Prince hanno portato ad un nulla di fatto.
Quella notte nel porto di Livorno c’erano navi militarizzate in forza agli Stati Uniti, di ritorno dalla guerra del golfo e che avrebbero dovuto scaricare armi nella base NATO di Camp Darby. C’era una petroliera, l’Agip Abruzzo, che si trovava in una zona di mare off limits per quanto riguarda l’ancoraggio e in ogni caso in un tratto di mare diverso da quello riportato negli atti ufficiali.
Non c’erano tuttavia tracciati radar, nè c’erano satelliti che guardavano il porto di Livorno, e soprattutto non ci sono stati soccorsi coordinati e tempestivi. I passeggeri ed i membri dell’equipaggio del Moby Prince hanno avuto il tempo di organizzarsi in attesa di soccorsi e sono morti bruciati dopo ore di attesa.
Come familiari delle vittime chiediamo che si faccia piena luce su tutta la vicenda del Moby Prince, anche utilizzando i documenti chiusi negli archivi segreti dello Stato, indispensabili per capire una volta per tutte quali logiche hanno gestito questi 23 anni di non verità. Da sempre inoltre auspichiamo una Commissione d’Inchiesta parlamentare bi-camerale sulla vicenda, che possa operare con professionalità e spirito costituzionale, fino a fornire risposte definitive ai quesiti che ci poniamo da 23 anni.
Matteo Renzi, è ora! Dopo 23 anni vogliamo la verità sul Moby Prince.
Grazie,
Luchino Chessa a nome dei familiari delle vittime del Moby Prince

https://www.change.org/p/verit%C3%A0-e-giustizia-sulla-vicenda-moby-prince

 

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