Siamo vicini all’anniversario del 10 aprile e come ogni anno la mia mente si riempie di pensieri e sentimenti più disparati. Da 28 anni sto pensando che mio padre e mia madre sono morti in un assurdo “incidente” tra un traghetto e una petroliera e che sono arrabbiato per come noi familiari delle vittime siamo stati trattati per tanti anni da chi avrebbe dovuto tutelarsi e aiutarci nella ricerca della verità. Arrabbiato perché il Comandante Ugo Chessa, uno dei comandanti più esperti del Mediterraneo, è stato usato come capro espiatorio, allo scopo di nascondere uno scenario ben diverso da quello di un banale incidente. Lo immagino in plancia, con le fiamme che si stanno sprigionano dalla petroliera, a cercare, insieme al resto dell’equipaggio di coperta, di portare via il Moby Prince dalla zona della collisione . I suoi resti, un tronco carbonizzato, in orologio, un ponte odontoiatrica, sono stati rinvenuti poco sotto il ponte di comando. Arrabbiato perché mia madre Giulia Ghezzani, una donna, una mamma una moglie dolcissima, che quel giorno casualmente si trovava a bordo, ha atteso invano ore in un orrendo scenario, lontano dal suo compagno di vita, nella speranza di essere salvata dalle fiamme incombenti. Arrabbiato perché quelle ore di attesa angosciosa, terminate con una morte orribile, si sarebbero potute evitare se chi di dovere avesse fatto quello per cui era preposto, ….salvare vite. Arrabbiato perché altre logiche hanno agito e fatto si che nessuno abbia cercato e soccorso il Moby Prince…..quella notte molti, compresi i dipendenti della Navarma, sapevano già nella prima mezzora dopo la collisione che la nave investitrice era il Moby Prince. Arrabbiato perché mio padre e mia madre hanno perso 28 anni di vita a causa di qualcosa che è successo al traghetto, e per tanti scheletri neglii armadi di molti, sicuramente delle due compagnie di navigazione. Arrabbiato perché io e tutti gli altri familiari abbiamo avuto una vita sconvolta, 28 anni di strazi, delusioni, sofferenze, frustrazioni per molto tempo nella solitudine e nel silenzio, squarciato dai nostri tentativi di riscatto, abbandonati fino a poco tempo fa dalle istituzione, nel tentativo di fare una vita normale, ma con consapevolezza che non era così. Arrabbiato perché dopo 28 anni, pur con l’evidenza che tutto ciò che era stato scritto nei processi non è risultato vero, ancora oggi non abbiamo dei colpevoli. Noi non ci fermeremo! Tremate tutti voi che in qualche modo avete contribuito alla collissione e all’emissione di soccorso al Moby Prince. I 140 morti avranno il loro riscatto.

Luchino Chessa

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